Colombia impressione di - Adalgisa Battistelli
 Viaggio in Colombia: impressioni di Adalgisa Battistelli
Quando Juan Pablo e Alicia mi parlano della Colombia vedo i loro occhi illuminarsi di una luce carica di amore, appena un po’ velati da una leggera tristezza di chi conosce la storia antica del loro paese, quella della feroce dominazione spagnola, e quella più recente della violenza. Ma è anche la tristezza per i troppi pregiudizi di quanti pensano a questo paese solamente come a un luogo da evitare, dove si pensa, che in ogni momento si rischi la vita. Oggi si rischia la vita dappertutto, nel mondo. Ci sono posti più sicuri, dove puoi passeggiare la notte piacevolmente e senza alcun pericolo, ma ci sono posti dove anche in pieno giorno è meglio non andare per non rischiare di essere aggrediti, derubati e magari uccisi. Questi posti esistono in ogni paese, povero o ricco, occidentale o orientale. La Colombia è un grande paese con le sue contraddizioni e le sue diversità, come il nostro, come qualsiasi altro paese del mondo!
Questo racconto per immagini, accompagnato da queste piccole note personali, è solo una piccola istantanea di una piccolissima parte di questo immenso e bellissimo paese, con una natura rigogliosa e straordinaria, ricchissimo di risorse naturali, situato nella zona tropicale del Sudamerica, che va dalla foresta amazzonica del sud al mar dei caraibi della costa settentrionale e Panama, e la costa occidentale nell’oceano Pacifico. Confina a est con il Venezuela e il Brasile, al sud con il Perù e l’Ecuador, a ovest con l’oceano Pacifico e a nord-ovest con Panama. I simboli colombiani sono il condor delle Ande (con tre metri di apertura alare è emblema di libertà e di sovranità nello stemma nazionale); l’orchidea che è una pianta oriunda della Colombia; la palma di cera (esclusiva delle Ande colombiane); lo smeraldo (pietra preziosa) e la cumbia (un ballo di origine africana della costa Atlantica che mescola melodie ispaniche e indigene).
Medellin: la “città della eterna primavera”. Si capisce subito perché questa città ha meritato questo appellativo. Il suo clima temperato è quello della nostra primavera avanzata, sempre, per tutto l’anno, con temperature dai 20° ai 26°. E colori dappertutto, domina il verde delle montagne della cordigliera centrale delle Ande, che la circondano come in abbraccio, e poi il giallo, l’arancio e il rosso dei fiori, dappertutto. Medellin, capitale del dipartimento di Antioquia, si distende nella valle, in fondo scorre il fiume “Rio Medellin” che la solca al centro, quasi a dividerla in due parti uguali. E poi risale verso le montagne, inerpicandosi, con i suoi grattacieli che sembrano quasi voler toccare il cielo, lanciati nella modernità e nel futuro (foto n. 2, 39), e con i suoi “barrios”popolari e poveri, dove la vita è una lotta continua (foto n. 5, 6 e 7). Città di contrasti, Medellin (come tantissime città al mondo!), è capace di farti sentire un calore speciale che riscalda il cuore, attraverso i sorrisi della gente, la loro naturale accoglienza (è normale salire su un taxi ed essere invitati ad una conversazione dal tassista, non banale, per esempio sul tempo, ma da dove viene? come trova la nostra città? è qui per la festa dei fiori?). Leggete la poesia Nostra Terra per comprenderne il senso dell’accoglienza.
E’ una città dove l’arte ha un posto speciale: numerose sculture sono poste in molti punti della città, come le sculture di Fernando Botero nella piazza de la esculturas, quelle di Rodrigo Arenas Betancur (di Antioquia) come il Monumento alla vita (foto n. 3) magnificamente integrato nel tessuto della città; i musei come quello di Antioquia (con una splendida collezione del suo artista più illustre Fernando Botero),  il museo di arte moderna, e poi il festival internazionale di poesia (credo alla sua ventunesima edizione!), manifestazione popolare e seguitissima, quasi come il calcio! E poi le biblioteche, costruite nei siti più sfavoriti della città, amate e protette dagli abitanti di quei quartieri, con le loro architetture moderne. Il parco Explora, un parco interattivo di scienza e tecnologia dove i bambini possono apprendere sperimentando, contiene un acquario di 23 ambienti. Tra le altre manifestazioni il festival internazionale di jazz e la fiera dei fiori (dalla fine di luglio al 7 di agosto) che ospita anche una splendida mostra di orchidee (la foto n. 1 ne è solo un piccolissimo esempio). Alla fine della visita ero talmente ubriaca dalla vista di tanta bellezza da sentire quasi una specie di sindrome di Stendhal! Invece la sfilata dei chivas (autobus tipici, tutti decorati, e che trasportano normalmente, e principalmente nei paesi del dipartimento, persone e merci, vedi foto n. 33 e 34) addobbati per la fiera dei fiori, non ho potuto gustarla, il giorno previsto è stato “annegato” da una pioggia tropicale, così i chivas hanno sfilato di corsa, in parte coperti e quasi senza addobbi. Mentre la famosa sfilata dei silleteros l’ho proprio perduta. Essi sono campesinos (contadini) che portano in sfilata dei grandi cesti sulle spalle, carichi di fiori, deve essere uno spettacolo di colori unico al mondo! 
E come dimenticare il grande spazio per lo sport. E’ una grande area al centro della città con un campo di calcio, vari campi di basket in strutture architettoniche fatte per far circolare l’aria, campi da tennis, piste per atletica, un grande spazio dedicato agli scacchi. Un concentrato di opportunità sportive che possono essere fruite gratuitamente per una parte della popolazione più disagiata, un esempio di grande passione per lo sport e per il ruolo che esso può avere nella vita sociale di una città. Medellin ha naturalmente anche grandi università, come l’Universidad di Antioquia, pubblica. Nel cortile principale si staglia al cielo il monumento all’uomo e all’energia, un’altra opera di Rodrigo Arenas Betancur  (foto n. 8). Un grande spazio ricco di verde nel cuore della città, accanto al parco cittadino. Ha un museo all’interno (che purtroppo non ho potuto visitare in quanto era chiuso per restauro). Ci sono testimonianze della storia antica e recente della città, un ricordo speciale per i professori uccisi negli anni ’80, professori che erano impegnati nella vita sociale del paese a favore dei più poveri, oppure perché politicamente oppositori del regime di quegli anni. Ma c’è anche un grande affresco che ripercorre la storia della dominazione spagnola. Medellin celebra anche il tango con un festival annuale, nell’ultima settimana di giugno e prima di luglio. La cultura del tango in questa città si è sviluppata in ricordo di Carlos Gardel (famoso cantante argentino) che morì a Medellin nel 1953 in un incidente aereo. Nell’ultimo CD,  il nostro cantante Mango si cimenta in una celebre canzone di Gardel, Volver (personalmente la trovo una bella interpretazione dalla voce di Mango). Non ho seguito questo festival, ma la prossima volta che tornerò a Medellin non voglio perderlo!
Rionegro e Marinilla. Si lascia Medellin per inerpicarsi sulle sue montagne, nel Rionegro, dove si trova una zona prevalentemente contadina. Marinilla è una piccola città ma che ospita una delle interessanti storie di intraprendenza e riscatto sociale. E’ la sede di due delle cooperative di confezioni che ho avuto il piacere di visitare. Ho conosciuto i fondatori e i soci, le operaie e gli operai, di questa splendida realtà e testimonianza, da 25 anni, esempio di operosità e di impegno sia produttivo che sociale. Le tre cooperative, le due di Maranilla e la terza di Santuario, paese poco distante, contano oggi circa 900 soci/lavoratori che con le loro famiglie contribuiscono alla dignità di queste cittadine (foto n. 32).
Una giornata a Santa Fé di Antioquia. Questa piccola e graziosa città coloniale è stata la prima capitale del dipartimento di Antioquia. Le sue tipiche case di architettura coloniale, in alcuni casi molto ben restaurate, ospitano negozi di artigianato, di prevalenza la lavorazione delle pelli e dei tessuti (foto n. 35, 36 e 37). I cortili interni delle case, ricchi di fiori e piante, sono delle oasi di colori e di profumi.
Il triangolo del caffè.  Il viaggio da Medellin al triangolo del caffè l’ho fatto in autobus, uno di quelli piccoli da 10 posti. E’ stata un’esperienza unica inerpicarsi sulle Ande attraverso percorsi tortuosi, attraversare piccoli villaggi, godere dei panorami fatti di verdi montagne e  sconfinate valli,  ma soprattutto è stata un’esperienza unica resistere alla guida spericolata del nostro autista. Il viaggio è stato un continuo sussultare tanto che alla prima tappa, scendendo dal bus non riuscivo più a sentire il terreno stabile sotto i piedi e non sapevo più dove fossero i miei organi interni! (al ritorno per Medellin alcuni giorni dopo sono stata più fortunata, era una bella stabile vettura da 6 posti, guidata da un giovane premuroso!). Il triangolo del caffè è una delle mete turistiche più conosciute, prevalentemente da anziani americani degli Stati Uniti. I percorsi standard sono una finca (tipica casa colombiana con piantagione di caffè), con visita alla piantagione e spiegazione del processo di coltivazione, raccolta e essiccamento del caffè, e naturalmente, la degustazione del caffè. Successivamente c’è la visita al parco del caffè dove si trovano il museo del caffè, una casa campesina, e varie ricostruzioni  della storia locale dalle origini delle comunità indios fino ai nostri giorni.
Ci sono, inoltre, un giardino botanico con un concentrato di specie vegetali, dove le guide sono studenti universitari di biologia che fanno volontariato, e un mariposario (parco di farfalle). La giornata in cui l’ho visitato non era straordinaria perché coperta, ma nei momenti di sole le farfalle riempivano l’aria ed era uno spettacolo! I paesi più tipici del triangolo del caffè, che hanno mantenuto la loro piccola struttura e vita paesana sono Filandia e Salento (foto dalla 10 alla 15), mentre Armenia, considerata la città più importante del triangolo del caffè è un centro più grande e più moderno. Armenia ospita un museo dell’oro dove è possibile ripercorrere la storia delle popolazioni della Colombia (in realtà il museo ha una collezione limitata di reperti, la più grande, quella salvata dal saccheggio dei conquistatori, è possibile ammirarla nel museo dell’oro a Bogotà).
Un’altra tappa obbligata del triangolo del caffè è la valle del Cocora dove si trova ancora la Palma di cera, una palma di questo territorio, difficilissima a far riprodurre, con una crescita lentissima, che arriva fino a 50/60 mt. (foto n. 16 e 17). La palma di cerca, altro simbolo della Colombia, oggi è protetta e si cerca di ripopolare questa parte delle Ande. Anch’io ho contribuito piantando una piantina di circa tre anni, per le future generazioni, messa a disposizione dal custode della valle che con tanto amore cerca di seminare, in uno spazio protetto, i semi. Quando (e se) arrivano ad un’altezza sufficiente per poterle mettere in terra le offre ai visitatori che lo desiderano affinché la piantino in uno spazio già preparato per accoglierle, a terra. Propone un rito molto semplice ma di grande amore per la natura.
Dal triangolo del caffè è quasi d’obbligo un viaggio al parco del Nevado, passando per Manizales dove una scultura dei due simboli della Colombia sono accomunati: il condor e Simon Bolivar (foto n. 19). Al parco nazionale naturale del Nevado si arriva salendo fino a 4500 circa ma la parte più alta arriva fino a 5400 m.s.l.m. Lungo l’ascesa è d’obbligo fare delle soste per evitare i problemi legati all’altezza, per mangiare e bere. Lungo il percorso si possono ammirare le valli immense e una pianta molto particolare, la frailejone (foto n. 20). Lo spettacolo della valle lunare è davvero unico, spazzata dal vento che ne ha arrotondato anche le rocce (foto n. 21). Il parco comprende i tre vulcani attivi della Colombia, tra i quali il Nevado Ruiz, ricoperto di neve. E’ una bella esperienza fisica ed emotiva da fare ben equipaggiati per il freddo, l’altezza e il sole (che però io non ho avuto il piacere di trovare: era una brutta giornata coperta che ci ha impedito di proseguire a piedi verso il Nevado Ruiz). Ritornare a valle, a temperature più gradevoli, passando per le terme di Manizales, fa parte del percorso turistico offerto.
Cartagena de Indias. Ed eccomi a Cartagena, famosissima città turistica, città murata (ben conservata) e nominata dall’Unesco nel 1984 patrimonio storico e culturale dell’Umanità. E’ in una zona libera da uragani e da tempeste tropicali sul mar dei Caraibi. Si trova in una baia di acque calme e un cerchio di isole coralline. E’ una città diversa dal resto della Colombia, è caraibica e anche sudamericana, ma non andina. E’ una città piena di colori, calda, esotica, con un’architettura coloniale spagnola imponente all’interno delle mura.  Il clima è tropicale con una temperatura media di 30°, ma con un alto livello di umidità! I mesi migliori sembrano essere da gennaio a maggio e da ottobre a novembre perché piove meno. La città antica e più suggestiva è quella entro le mura (foto da 22 a 26) che da un lato si confondono con il Castillo de San Felipe de Barajas e il cerro della Popa  da dove si domina la città: da una parte si può osservare la città moderna (foto n. 30) e dall’altra la città popolare (foto n. 29). A Cartagena si trova un museo dell’oro (purtroppo non ho potuto visitarlo perché chiuso per ristrutturazione), un recente museo di arte moderna e contemporanea (dove ho potuto ammirare esempi di pittura di artisti colombiani classici e moderni). Ma Cartagena è anche l’isola Rosario, composta da 27 isole, che io però non ho visitato! Ho preferito esplorare la città antica, ammirare l’architettura coloniale, gustare del buon cibo. Ho passeggiato nel cortile della Università di Cartagena (foto n. 31), antico monastero di San Agustin e ho percorso le strade meno frequentate, oltre ad un bel percorso delle mura. Salendo verso il forte una tappa d’obbligo è nella piazza degli artigiani e dei venditori ambulanti dove si trova una bella varia umanità e il famoso monumento alle scarpe vecchie (foto n. 27 e 28). Un simbolo della città è la statua di India Catilina nella piazza Venezuela, ma è anche la statuetta data come premio al festival del cinema e della televisione che ogni anno si svolge nella città. La India Catilina si dice, che fosse una bella guerriera catturata da Alonso de Ojeda durante le prime spedizioni spagnole nella terraferma e poi portata nel centro america e venduta come schiava a Santo Domingo, fino a quando Pedro de Heredia la riportò indietro come interprete, nel 1533, anno in cui, questo conquistatore spagnolo, fondò, nel territorio di Calamarì,  la città che chiamò Cartagena de Indias per distinguerla dalla città spagnola che porta lo stesso nome. Durante la dominazione spagnola fu nominata Regina delle Indie e fu punto di riposo per le spedizioni che venivano dal Rio Magadalena cariche dei tesori conquistati (scippati) in Colombia, Ecquador e Perù e che prendevano il mare per la Spagna e l’Europa. L’edificazione delle mura fu resa necessaria per difendere la città dagli assalti dei pirati dal secolo XVI. Cartagena fu la prima città a proclamare la sua indipendenza dalla corona spagnola l’11 novembre del 1811 e ricevette da Simon Bolivar il titolo di “città eroica”: per la valorosa resistenza all’attacco nel 1815 degli spagnoli che volevano riconquistare la città.
La parte moderna della città, fatta di edifici ultra moderni, offre la risposta ad un turismo sempre crescente sia di medio che di alto livello, oltre che progetti immobiliari lussuosissimi per proprietari “esigenti”.
Questo piccolissimo racconto di viaggio attraverso le 40 foto esposte si chiude con due immagini di Medellin (foto n. 39 e 40) ma se ci andrete non dimenticate anche una piccola visita a Retiro, piccolo paese sopra Medellin dove abbiamo bevuto nel simpatico bar della foto n. 38, simpatico proprietario esperto ed amante della musica. Questo racconto è solo una piccolissima istantanea di posti che ben altro hanno da offrire a chi vorrà visitarli (preferibilmente da fine giugno alla prima settimana di agosto). Ed i posti raccontati sono solo una piccolissima parte di un paese grande e ricco di diversità naturali ed umane. Scegliere queste foto tra le tantissime scattate è stata un’operazione difficilissima, forse non sono neanche le più belle, ma testimoniano il mio viaggio “visivo”, quello che mi sembra possa presentare meglio ciò che ho cercato di cogliere.
Quello che in queste foto non potete vedere è il valore umano del mio viaggio. La parte più emozionante del mio viaggio sono le persone che ho incontrato. Juan Pablo ed Alicia con le loro splendide famiglie, un grazie infinito per la loro accoglienza e per avermi permesso di entrare dolcemente in un paese complesso e straordinario, di avermi aiutata a vedere con occhi più attenti alcuni aspetti della vita colombiana. La mia vita si è arricchita degli  sguardi, dei sorrisi, delle parole e dei racconti delle operaie ed operai delle cooperative, degli studenti dell’Università Eafit, dei colleghi, degli amici delle famiglie, delle guide che mi hanno accompagnata nei miei percorsi, delle persone incontrate per strada. Grazie. 
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