La Tresche
“LA TRESCHE” La trebbiatura rappresenta, ancora oggi , un lavoro molto faticoso ed è praticamente la chiusura di un ciclo di lavoro iniziato a ottobre-novembre con l’aratura del terreno e la semina. I fattori climatici rendono l’attesa incerta fino all’arrivo di giugno con la mietitura e trebbiatura. Il giorno della “tresché” era una festa per tutta la zona dove si svolgeva, voci e rumori si propagavano per la campagna. A partire dalla mattina quando il trattore a testa calda (bisognava riscaldare la testata del motore con una bombola di gas) trainava la trebbiatrice per sistemarla sul posto. Tutti gli uomini pronti a prendere posizione , ciascuno al proprio posto. Chi metteva i covoni su un nastro trasportatore per farli andare nella trebbiatrice, chi preparava i sacchi da riempire con il grano che faceva “le ndacche” su una canna per contare i sacchi riempiti che venivano poi portati a a spalla a destinazione e chi infine innalzava il pagliaio. Ma la festa riguardava anche le donne che si prodigavano a rifornire gli uomini con poca acqua e parecchio vino, portavano dolci per rinnovare loro le forze, anche per i bambini era un avvenimento e lo festeggiavano con scorribande e voci festanti e buon ultimo anche le oche starnazzavano per l’aia contente , soprattutto per il fatto di non essere finite nel ragù che già cucinava dalle prime ore del mattino a fuoco……. lento. Al termine dei lavori, come si conviene, si dava inizio alle libagioni “Nu bbell mandìle” che odorava di bucato steso sull’erba all’ombra di una quercia dove si apparecchiava la tavola. Sopra “nu tijàne” di pasta al ragù, pollo ruspante e ottimo vino casareccio. Poi mentre le donne rimettevano in ordine, gli uomini sdraiati all’ombra godevano del meritato riposo. Antonio Buzzelli |
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